Carta dei Servizi e digitalizzazione i due pass per il futuro del cargo aereo italiano
Enac avvierà a fine maggio la fase di consultazione esterna sulla nuova bozza di Regolamento

Milano – Oggetto tipicamente italiano, la Carta dei servizi cargo degli aeroporti, in combinazione con un elevato tasso di digitalizzazione, può rappresentare per il settore delle spedizioni aeree della Penisola la chiave di accesso al futuro, in grado di metterla al passo con gli scali più importanti d’Europa.
Proprio alla analisi di questo strumento – oggi in fase di revisione – e alla mappatura degli equivalenti presenti in Europa il Cluster Cargo Aereo ha voluto dedicare la sua ricerca annuale, presentata nel corso di un convegno cui poi è seguita la tradizionale cerimonia di premiazione dei Quality Award Italy di Anama.
A Giuseppe Siciliano di Ptsclas, che l’ha realizzato, il compito di illustrare le risultanze della indagine, che ha confrontato quindi la produzione italiana e quella altri scali ‘misti’ (passeggeri e merci) europei – nel dettaglio quelli di Francoforte, Parigi, Amsterdam, Bruxelles e Londra – con lo scopo di individuare le best practice da replicare e contribuire a far evolvere lo strumento, tuttora definito dalla circolare Enac Gen 06 che ne disciplina la produzione (ad oggi non obbligatoria).
La “prima scoperta”, ha evidenziato Siciliano, è che di fatto all’estero “non esiste qualcosa di simile”, ovvero solo nella Penisola la definizione di Kpi e la promozione del monitoraggio delle performance degli scali in tema di merci è “incoraggiata” da un ente di regolazione, con approccio top down. Negli altri aeroporti analizzati, dove pure “i gestori monitorano, eccome”, la produzione di strumenti di misurazione è stata “di tipo bottom up, ovvero è nata su iniziativa delle comunità portuali”.
Dalla survey è emerso come punto di riferimento il modello di Francoforte, dove il reporting è molto avanzato e offre un’ampia copertura grazie a una piattaforma digitale comune che integra i sistemi It degli handler, raccoglie in tempo reale dati sulla gestione delle operazioni, generando un cruscotto di controllo. Ulteriori sviluppi auspicati dagli operatori comprendono l’inclusione di moduli predittivi basati sulla AI e lo sviluppo di metriche green. Nella loro grande rilevanza, le carte di Parigi, Amsterdam, Bruxelles e Londra hanno mostrato copertura più limitata o la presenza di maggiori criticità.
L’analisi dell’esperienza italiana ha individuato invece difficoltà sulla standardizzazione delle misure, anche per la numerosità degli operatori, allo stesso tempo trovando nella digitalizzazione e nella concertazione le chiavi per il miglioramento e il superamento dei problemi
Come accennato sopra, lo strumento è però ora in fase di revisione, nell’ambito di un processo avviato da tempo che vede Anama al fianco di Enac. Il risultato di questo iter – ha spiegato Gabriele Squillaci, Direttore standardizzazione attività di handling e security dell’ente – sarà il lancio di un Regolamento (non più quindi una circolare), che introdurrà alcune novità, la più importante delle quali saranno l’obbligatorietà della adozione della carta per aeroporti con traffici superiori alle 100mila tonnellate all’anno e l’applicazione del principio del miglioramento continuo. “Ora è in fase di consultazione interna, sarà proposta in consultazione esterna, agli stakeholder, intorno al 30-31 maggio” ha aggiunto Squillaci.
Da Andrea Cappa, alla sua prima uscita pubblica da direttore generale di Confetra, in coda al convegno sono infine arrivate alcune puntualizzazioni su quanto detto fino a quel momento rispetto alla Carta dei Servizi merci degli aeroporti italiani. L’ex segretario generale di Anama in primis ha ricordato come a Malpensa l’adozione del documento, non obbligatoria, sia comunque arrivata su spinta degli operatori, dal basso. Cappa ha inoltre messo in discussione la convinzione che un approccio basato sulla concertazione porti sempre al rispetto degli obiettivi di performance, anche in assenza di meccanismi correttivi: “Non dico che servano le sanzioni, ma servono allora dei sistemi incentivanti. La buona volontà da sola non basta; deve esistere una spinta alla comunità”. Un’altra criticità rilevata da Cappa è stata infine rispetto alla assenza di un una leadership e una governance forti, in grado di guidare iprocessi, perché “da sole le comunità faticano”.
F.M.
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