Il confronto del cargo aereo italiano fra e-commerce ‘buono’ e ‘cattivo’
Stretta della Ue e carenza di capacità (di stiva e aeroportuale) condizioneranno nel prossimo futuro i traffici. Che però potrebbero trarre beneficio dai droni (e dalle low cost)

Malpensa – È possibile distinguere tra un e-commerce ‘buono’, il cui trasporto per via aerea lascia valore al territorio senza generare impatti (troppo) negativi, e uno ‘cattivo’?
La distinzione è stata proposta da Riccardo Fuochi, presidente del Propeller Club di Milano, nel corso del primo panel del III Forum di AIR CARGO ITALY, andato in scena venerdì scorso a Malpensa, in cui esperti e addetti ai lavori hanno analizzato il boom di questi traffici nel panorama italiano provando a lasciare da parte preconcetti ma anche entusiasmi troppo facili.
“Nei flussi b2c bisogna distinguere tra piattaforme conosciute, che vendono a prezzi di mercato, dotate di hub logistici nei paesi di destinazione, e che quindi fanno lavorare la nostra logistica, e quelle più aggressive” ha esordito Fuochi, tracciando la sua personale linea di demarcazione. Le seconde (leggasi Shein, Temu e così via) “sono fenomeni recenti, con prezzi competitivi anche rispetto al traporto, ma la loro logistica è tutta all’origine” ha aggiunto, evidenziando come nel caso di questi marketplace anche la reverse logistics non lasci valore sul territorio e non consenta l’avvio di buone pratiche (spesso i resi risultano costosi in rapporto al valore dell’acquisto e l’acquirente finisce col tenere prodotti che così non vengono rivenduti).
Fuochi ha poi allargato il ragionamento ad altri aspetti dei traffici e-commerce visibili in Italia e non solo. “L’Ue sta provando a contrastare questa concorrenza (con altri canali di vendita, ndr) che a mio avviso non è reale, e che sfrutta strumenti (il limite dei 150 euro per l’applicazione di dazi doganali ai prodotti importati, ndr) che erano stati ideati pensando ad altri tipi di spedizioni, come quella del turista che dall’estero si invia a casa un souvenir”. Infine, ha aggiunto, si tratta di traffici che “portano via spazio alle merci tradizionali”.
Quella dell’introduzione da parte della Unione Europea di una stretta al traffico e-commerce in ingresso (circa 12 milioni di colli al giorno, come ricordato dal presidente di Anama Alessandro Albertini), è emerso dal convegno, è una possibile evoluzione dello scenario ben presente agli occhi degli addetti ai lavori. I quali però, dal palco del Forum di AIR CARGO ITALY, si sono detti perlopiù convinti che la mossa non sarà in grado di fermare un fenomeno che appare ormai inarrestabile, e dalle dimensioni impensabili solo pochi anni fa.
Pur nell’impossibilità di dare cifre esatte (non esiste un codice in grado di identificare merce frutto di acquisti on line), gli handler Alha e BCube Air Cargo hanno entrambi evidenziato di avere riscontrato volumi in fase di maxi-espansione in questo segmento. “Il 2024 è stato un anno particolare, abbiamo avuto un aumento del 20% dell’e-commerce nei nostri magazzini, per circa 40 milioni di kg di merce” ha evidenziato il direttore generale di Alha Group, Alessandro Cappella. In particolare lo scorso febbraio, “anche per effetto degli spostamenti dalle rotte del via mare, abbiamo segnato un +83% dei traffici, in un mese che di solito è ‘morto’” ha aggiunto.
Simile l’exploit osservato nei magazzini di BCube Air Cargo. “A Fiumicino siamo passati dagli 830mila kg del 2022, ai 4,9 milioni del 2023 ai 13,2 milioni del 2024” ha evidenziato il direttore generale della società Mauro Grisafi. A Malpensa, ha aggiunto, negli stessi anni volumi sono cresciuti da 1,1 milioni di kg, a 4 milioni, fino agli 11,4 milioni di kg di merce da traffici e-commerce del 2024.
Uno tsunami che difficilmente potrà essere arrestato da una normativa comunitaria più stringente.
“Non riteniamo che gli interventi sull’ e-commerce possano distogliere il consumatore dagli acquisti, nel b2c le maggiori imposizioni avrebbero scarsa incidenza” ha sostenuto Cappella.
“La crescita continuerà anche se magari non con lo stesso tasso, possibile che sarà più contenuta” ha ammesso Grisafi, secondo il quale però gli operatori e-commerce interessati “hanno una capacità di adattamento molto alta. Shein e Temu negli Usa si sono già organizzate con magazzini di prossimità, in particolare la seconda ora sta puntando anche sul b2b per evitare la pressione dei dazi. Oppure proveranno ad approvvigionarsi da produttori di altri paesi come Brasile e Turchia”. Evoluzioni possibili, secondo il manager, anche in Italia: “Questi operatori potrebbero anche da noi costruire magazzini di prossimità”. In ogni caso, anche con una imposizione doganale più elevata, gli effetti sui traffici potrebbero non vedersi: “Il consumatore finale non sarà spaventato da un +10%-17% sul prezzo finale” ha aggiunto Grisafi.
Uno scenario ritenuto plausibile anche da Massimo Roccasecca, interessato da questi traffici nella sua nuova veste di manager dell’attività di Swissport a Malpensa, dove il gruppo svizzero inizierà a operare a breve con un magazzino di seconda linea al Wtc. “Per il 35% questo sarà riservato all’e-commerce ma ci dedicheremo anche ad altri tipi di traffico” ha evidenziato. “Nei prossimi 35-40 giorni il settore si gioca una partita importante, ma nel caso di una stretta anziché fare spedizioni dirette gli operatori si doteranno di magazzini nei paesi di destino. In ogni caso, i loro volumi ormai sono tali da richiedere comunque magazzini a livello europeo, seguiranno una evoluzione come quella che fece a suo tempo Amazon”.
L’eventuale rimozione dell’esenzione, ha aggiunto il manager, andrà piuttosto a rappresentare un enorme problema per le Dogane che, al pari di quanto accaduto negli Usa, non sarebbero pronte sobbarcarsi la gestione di una enorme massa di merce in import come quella rappresentata da questi traffici.
Un altro effetto da valutare, nel considerare questi traffici, è quello dell’impatto dell’e-commerce sulla capacità disponibile, sia in termini di stiva degli aerei, ora sottratta al general cargo, sia alla possibilità per gli aeroporti italiani di gestire volumi crescenti.
Una soluzione, ma anche una opportunità di sviluppo per l’Italia, secondo Grisafi potrebbe arrivare dai mezzi a guida autonoma. “I droni possono essere un elemento per rilanciare il futuro della logistica aeroportuale del paese. Possiamo guardare al percorso fatto negli anni passati dall’aeroporto di Liegi, che ha attratto i traffici di Alibaba. L’Italia potrebbe diventare un hub in grado di attirare traffici per tutto il Sud Europa, che potrebbero poi essere reindirizzati verso gli scali più piccoli tramite impiego di droni ‘grandi’, in grado di trasportare 300-400 kg di merce”. E, in attesa della loro entrata in operatività, una opportunità potrebbe arrivare da uno sfruttamento migliore della stiva belly. Uno sviluppo che potrebbe interessare “le compagnie low cost, che potrebbero migliorare la loro marginalità trasportando verso aeroporti più piccoli anche solo pochi kg di merce ad alto valore”.
Rispetto alla saturazione degli scali, va aggiunto anche lo spunto offerto a margine da Marianna Quarticelli, country manager di Air Logistics Group, che – intervenuta dalla sala a fine convegno – vista in particolare la situazione di Malpensa, ha auspicato una possibile ripartizione-specializzazione dei traffici tra aeroporti vicini disposti a collaborare. Ad esempio, ha ipotizzato, lo scalo varesino potrebbe focalizzarsi sul general cargo, mentre quello di Montichiari-Brescia date le competenze già sviluppate potrebbe assorbire i volumi legati agli acquisti on line.
Una speranza di sinergie tra aeroporti ‘prossimi’ che ha ricordato altre simili già espresse in passato (anche in occasione delle precedenti edizioni dei Forum di AIR CARGO ITALY, e non solo), finora però evidentemente non ritenute praticabili dalle società di gestione degli scali interessate.
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