L’export italiano guarda verso nuove destinazioni
Accordo Mercosur, nuove intese al vaglio con alcuni paesi asiatici e opportunità in Ue al centro del terzo Forum del commercio internazionale di Arcom
Milano – L’accordo siglato a fine agosto dall’Ue con gli Usa “ci agevola rispetto ad altri”, ma segna comunque una grande discontinuità con il passato, quando i dazi si assestavano in media sul 3-4%. In questo quadro, l’Italia – che dalle vendite estere ricava un terzo del suo Pil – gode di un posizionamento non sfavorevole, considerato che i prodotti esportati sono perlopiù “non sostituibili, né troppo accessibili” dal lato dei prezzi e che i mercati di destinazione sono “consolidati”.
Lo ha sottolineato Sara Armella, avvocato titolare dello Studio Armella e direttore scientifico di Arcom, in apertura della terza edizione del Forum del Commercio Internazionale che sta avendo luogo oggi a Milano.
Fatte salve queste premesse, è però evidente a tutti la necessità di diversificare le destinazioni del made in Italy, a partire proprio – ha evidenziato ancora Armella – da quel mercato unico interno alla Ue che, tolte le barriere esistenti, potrebbe permettere insieme al a quello Mercosur di compensare l’attesa perdita attesa dalla introduzione delle tariffe della amministrazione Trump.
Sul tema (come affrontare l’impatto dei dazi e quali strade diverse far imboccare all’export italiano) si sono confrontati durante la mattinata i punti di vista di diversi portatori di interesse.
Quello delle imprese è stato rappresentato innanzitutto da Laura Travaglini di Confindustria. “Abbiamo due mantra: il primo è che il mercato Usa è imprescindibile, il secondo è seguire il binario dei mercati alternativi regolati da accordi di libero scambio”. Oltre all’apprezzamento per la prossima sigla da parte della Ue dell’accordo sul Mercosur e per l’intensificarsi delle trattative con India, Indonesia e Tailandia, Travaglini ha sottolineato l’importanza delle intese già raggiunte. “Stiamo spingendo anche sull’utilizzo degli accordi già in essere, come quello con il Canada. Alcune Pmi non avevano prima dimestichezza con questi accordi, ora ne hanno compreso l’importanza”. Da parte sua, ha aggiunto, Confindustria ha messo a disposizione delle aziende un tool chiamato Expand per aiutarle a intercettare nuovi potenziali mercati in linea con la loro proposta.
La reazione delle imprese è stata riportata anche da Floriana Benedan, managing Director della Direzione Customs di Dhl Express Italy (punto di osservazione: 77mila aziende servite, per il 79% impegnate in commerci internazionali). “Alcune sono attendiste, altre hanno già aumentato i prezzi, altre ancora però hanno del tutto fermato le esportazioni, stanno rivedendo approvvigionamenti e distribuzione”. Qui, secondo la manager, può entrare in gioco il valore aggiunto di un operatore logistico diffuso globalmente: “Siamo attivi in 220 mercati, offriamo alla clientela l’opportunità di diversificare le destinazioni a livello globale senza necessariamente dover completare investimenti duraturi, ‘fisici’, sui mercati di destino”.
Chi invece può affermare di avere ad oggi subito poco l’impatto dei dazi e della incertezza correlata è stata, di contro, una azienda strutturata come Piaggio. Al riguardo Matteo Colaninno, presidente esecutivo del gruppo, ha evidenziato: “Li abbiamo anticipati con due strategie, la prima quella di avviare stabilimenti nei mercati internazionali: questo ci dà forza nelle guerre commerciali”. La seconda, ha rimarcato, è stata “l’investimento su tecnologia e marchi”.
Un riscontro di come i flussi già si stiano parzialmente riconfigurando è quindi arrivato da Maurizio Forte, direttore centrale per i settori dell’export di Ice. “Abbiamo sempre diversificato: oggi guardiamo a mercati nuovi, o guardiamo in modo nuovo a mercati vecchi”. Nel concreto Forte ha rilevato come a luglio stessero crescendo ancora le vendite verso gli Usa (probabilmente ancora per effetto del frontloading), così come quelle verso i “mercati tradizionali” di Spagna e Svizzera. Sono inoltre “rientrati in territorio positivo Francia e Germania” (dopo il forte calo del 2024). Bene sono andati anche i paesi Mercosur (+4%), quelli Asean e il Medio Oriente, mentre sono stati negativi gli andamenti di quello turco (perché si è sgonfiato l’export di oro) e cinese (per via del calo del lusso). Da segnare come dato allarmante, ha rilevato ancora Forte, l’aumento delle vendite estere cinesi di meccanica strumentale, segmento che “rappresenta la spina dorsale” delle nostre esportazioni e che invece in Italia ha registrato una lieve flessione.
Nonostante i rischi e il quadro incerto, quello che è emerso dalle due tavole che hanno animato la prima mezza giornata del forum è stata però anche una certa vivacità delle operazioni di import- export, come sottolineato innanzitutto da Maria Preiti, Direttore territoriale per la Lombardia dell’Agenzie delle Dogane e dei Monopoli.
“Nel 2024 in Italia Adm ha eseguito 93 milioni di operazioni doganali, numero spinto in alto dalla crescita dell’e-commerce, che sta generando una forte parcellizzazione”. Le dogane, ha aggiunto Preiti, stanno rispondendo a questa tendenza e alla crescente incertezza “rafforzando gli investimenti in tecnologia e in formazione del personale per garantire la fluidità dei flussi”. Di due giorni fa è la presentazione di Autentica, applicativo per certificare l’origine dei prodotti e contrastare la contraffazione sviluppato con Sogei e il contributo scientifico del Politecnico di Milano.
Più in generale segnali positivi – anche nel particolare contesto attuale – sono stati riportati sia da Benedan che da Forte. “Sentiamo tanta voglia di internazionalizzazione, registriamo tanti eventi dal tutto esaurito” ha evidenziato quest’ultimo in riferimento in particolare a manifestazioni e iniziative formative. “Per le imprese i rischi derivano da frammentazione e incertezza normativa, amplificate dalla mancanza di formazione e strumenti digitali” ha evidenziato Benedan, che però pure ha rilevato: “Noi abbiamo attivato una task force per rispondere a domande, creato una hot line: sentiamo dalle aziende una forte domanda di conoscenza”.
F.M.
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