Digitalizzazione e spedizioni merci: Clecat indica la strada da seguire per sopravvivere
Nell’ultimo anno le ricerche del termine “spedizioniere” sono aumentate su Google del 16%. Lo ha detto Matt Stone, partner della società di consulenza McKinsey&Company, che a Milano è intervenuto a un convegno organizzato dalla Federazione nazionale delle imprese di spedizioni internazionali (Fedespedi) per capire quanto e in che modo le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il mondo […]
Nell’ultimo anno le ricerche del termine “spedizioniere” sono aumentate su Google del 16%. Lo ha detto Matt Stone, partner della società di consulenza McKinsey&Company, che a Milano è intervenuto a un convegno organizzato dalla Federazione nazionale delle imprese di spedizioni internazionali (Fedespedi) per capire quanto e in che modo le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il mondo della logistica delle merci. Stone ha evidenziato come le case di spedizione si debbano necessariamente riadattare perché “si trovano schiacciate fra compagnie di navigazione sempre più grandi che, anche grazie alla tecnologia, cercano di penetrare maggiormente il mercato per servire direttamente anche i clienti più piccoli, tecnologie in grado di disintermediare la funzioni tradizionalmente svolte dalle persone e l’emergere di portali on-line e database digitali in grado di offrire a tutti gli effetti gli stessi servizi ma on-line e con la massima trasparenza”. Il concetto chiave, secondo il partner di KcKinsey, è che il cliente oggi si aspetta di essere “sorpreso” e vincerà chi metterà in atto “azioni coraggiose”.
Un punto di vista solo parzialmente condiviso da Dominique Willems, senior manager dell’associazione europea degli spedizionieri Clecat, secondo il quale la categoria professionale dello spedizioniere non è a rischio estinzione ma, anzi, ha davanti a sé un futuro prospero grazie a vari fattori fra cui nuove tecnologie, maggiore outsourcing produttivo e una crescente attenzione ad aspetti etici e sociali del mondo produttivo anche verso la logistica. Secondo Willems l’innovazione per gli spedizionieri è rappresentata dal tornare al proprio core business rappresentato dal valore aggiunto che l’azienda può dare: «L’unica cosa che il cliente vuole dalla casa di spedizioni è trasportare la propria merce da A a B con puntualità, al minor costo possibile e senza danneggiamenti. Tutto il resto è secondario. Le nuove tecnologie e regolamentazioni non hanno modificato il risultato da raggiungere ma il modo per raggiungerlo».
Inutile in sostanza rincorrere un gigante come Amazon, secondo il rappresentante di Clecat, perché gioca la sfida della logistica su un terreno differente e soprattutto può permettersi di farlo perdendoci denaro. Secondo i dati presentati da Bruno Cattaro, professore dell’Università del Piemonte Orientale, Amazon nel 2017 ha raggiunto un fatturato pari a quasi 178 miliardi di dollari e un profitto di 3 miliardi, ma nel 2016 i suoi ricavi relativi alle spedizioni avevano sfiorato i 9 miliardi di dollari mentre i costi per la logistica erano praticamente doppi e pari a 16,1 miliardi. “Possono permettersi di operare in perdita nella logistica perché il segmento nel quale Amazon ottiene i profitti più consistenti è Amazon Web Services, vale a dire il cloud computing” ha concluso.
Nicola Capuzzo