Allarme cargo in Russia: flotta dimezzata e sicurezza in picchiata
Con soli 28 velivoli attivi e incidenti in aumento, le compagnie chiedono aiuti di Stato per evitare il fermo totale entro il 2028
Uno scenario di crisi profonda, caratterizzato da obsolescenza tecnica e isolamento commerciale, sta investendo il settore del cargo aereo russo. A tracciare il quadro di un’industria ormai al limite della sopravvivenza è un report della testata specializzata tedesca aeroTelegraph, che evidenzia come le sanzioni e la carenza di componentistica abbiano ridotto ai minimi termini la capacità operativa della Russia.
Negli ultimi tre anni e mezzo, la flotta cargo russa operativa si è dimezzata. Attualmente, solo 28 aerei sono in grado di volare, mentre un numero equivalente di velivoli giace inutilizzato negli hangar, bloccato dall’impossibilità di effettuare le necessarie manutenzioni o di reperire pezzi di ricambio.
Questa paralisi tecnica ha avuto un impatto devastante sui volumi di traffico, crollati a meno di un quinto rispetto al periodo pre-bellico. Durante un recente confronto presso la Camera di Commercio Russa, gli operatori hanno lanciato un ultimatum: senza misure straordinarie, entro il 2028 la metà degli aerei superstiti sarà costretta a terra definitivamente.
L’usura dei mezzi e la difficoltà nelle riparazioni stanno compromettendo gravemente la sicurezza dei voli. Per quanto riguarda i dati raccolti da aeroTelegraph sul traffico passeggeri il trend è allarmante: gli incidenti aerei sono passati dagli 8 del 2023 ai 17 dello scorso anno, con un bilancio delle vittime salito drasticamente da 12 a 37. Il 2025 non promette inversioni di tendenza, con già quattro incidenti e 53 decessi registrati nei primi mesi.
Le cause, confermate dall’ente di controllo Rostransnadzor, vanno ricercate nella scarsa manutenzione, nella formazione lacunosa del personale e in diffuse irregolarità documentali. Il problema non interessa solo il trasporto passeggeri: anche il trasporto merci sta ora lanciando l’allarme.
Il parco macchine si basa quasi esclusivamente sui datati Ilyushin Il-76 di epoca sovietica. I progetti per i nuovi modelli (Il-112 e Il-212) sono stati congelati o ritardati, lasciando le compagnie senza alternative moderne.
Per sopravvivere i vettori stanno proponendo al governo misure estreme: l’estensione burocratica della vita operativa delle fusoliere (da 40 a 45 anni) e dei motori (da 14.000 a 16.000 ore). La sostituzione dei propulsori è infatti economicamente insostenibile, considerati i costi che superano i 400 milioni di rubli, pari a circa 4,2 milioni di euro, per unità. A complicare il quadro c’è poi la priorità che l’industria nazionale accorda alle commesse militari, costringendo gli operatori civili ad attese fino a un anno per ottenere slot di manutenzione.
Oltre alle difficoltà tecniche, le compagnie russe denunciano una perdita di competitività sul mercato. Vettori di paesi vicini, come Uzbekistan, Kirghizistan e Turkmenistan, stanno erodendo quote di mercato significative.
Il paradosso denunciato dagli operatori locali riguarda la burocrazia: mentre la Russia concede permessi rapidi alle compagnie straniere, i vettori russi devono affrontare attese estenuanti per operare all’estero, ad esempio per viaggi verso la Cina l’attesa è di nove mesi.
Di fronte a questo scenario, le compagnie cargo chiedono sussidi di Stato per 10 miliardi di rubli (106 milioni di euro) l’anno e un canale preferenziale per l’importazione di ricambi, come unica possibilità per evitare il collasso definitivo del settore.
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