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Economia

“Trasportare vino per via aerea? Solo quando costretti”

Firenze – Quanto l’aereo oggi rappresenta un’alternativa di trasporto competitiva e percorribile per la logistica del vino? “Solo per le campionature, piccole partite e soprattutto per spedizioni particolarmente urgenti” secondo Roger Rossini, distribution manager di Ruffino, storica cantina produttrice di vino parte del gruppo americano Constellation. Dario Faccin, direttore di Tenuta Carobbio, ha detto invece […]

di Nicola Capuzzo
5 Marzo 2018
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Logiday

Firenze – Quanto l’aereo oggi rappresenta un’alternativa di trasporto competitiva e percorribile per la logistica del vino? “Solo per le campionature, piccole partite e soprattutto per spedizioni particolarmente urgenti” secondo Roger Rossini, distribution manager di Ruffino, storica cantina produttrice di vino parte del gruppo americano Constellation.

Dario Faccin, direttore di Tenuta Carobbio, ha detto invece che loro la modalità di trasporto aereo la utilizzano con frequenza ma “quando si tratta di spedire acquisti di vino fatti in loco da visitatori stranieri”. Negli altri casi il divario di costi rimane troppo ampio anche se la differenza di transit time dal produttore al consumatore è notevole fra Italia e Nord America: 4 settimane via mare contro 4 giorni via aerea.

La logistica dei prodotti alimentari e del vino era uno dei temi al centro della prima edizione di Logiday, giornata di convegni organizzata dal laboratorio dell’Università degli studi di Firenze LogisLab in collaborazione con CSCMP, Council of Supply Chain Management. Nella tavola rotonda dedicata a food & wine è emerso chiaramente che i costi, e tra questi anche quelli di spedizione, rappresentano uno dei fattori chiave con i quali si trovano a dover fare i conti le cantine. “Il grande problema del settore è la frammentazione dei produttori” ha esordito dicendo Marco Lauro Bonomi, amministratore delegato di Chain Accent, spiegando che “il fatturato di tutto il comparto è pari in Italia a circa 10 miliardi di euro e l’azienda più grande arriva a circa 500 milioni di euro. Il 50% della produzione è destinata all’export e per le cantine italiane una delle maggiori preoccupazioni è l’ingresso sul mercato dei grandi colossi della distribuzione e del commercio”.

Dario Faccin, vertice di Tenuta Carobbio la cui produzione annuale di 80 mila bottiglie è destinata per il 95% all’export, ha ammesso che “le aziende medio-piccole sono in sofferenza proprio per i costi. Oggi tutti ormai sanno più o meno produrre buon vino ma pochi lo sanno vendere bene; in questo le piccole aziende possono imparare qualcosa dalle grandi”. La merceologia trasportata in certi casi è pregiata se si pensa che per ogni bottiglia si va da 40 a oltre 500 euro di prezzo al ristorante.

Horst Mueller, global manager drinks logistics di Kuehne+Nagel, ha offerto una panoramica sul mercato della logistica al servizio del beverage sottolineando innanzitutto che a livello mondiale il consumo di alcolici (birre, vini e superalcolici) è in discesa dopo il picco raggiunto nel 2015. Molteplici sono i trend che Mueller sottolinea nella sua analisi e fra questi ne cita alcuni significativi: “I grandi marchi vogliono diventare crafty (artigianali, ndr), il vino rose è tornato di moda, le birre artigianali si fanno largo all’estero, aumentano le vendite di whisky mentre gin e vodka rimangono circoscritte ai tradizionali Paesi di consumo”.  

Per quanto concerne infine i cambiamenti nel settore della logistica il responsabile drink logistics di Kuehne+Nagel ha sottolineato che negli Stati Uniti gli operatori stanno facendo i conti con una situazione di scarsa disponibilità di trasporto stradale per effetto di una nuova legge introdotta dal presidente Trump che ha posto sotto controllo i turni di guida degli autisti. Ciò si è tradotto in un calo dell’offerta di mezzi stimato in un 30% e una minore disponibilità di container vuoti per effetto dei quali molti grandi produttori hanno già preventivato costi stradali in aumento del 20% nei prossimi mesi.

Nicola Capuzzo

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